CAMBIA LINGUA

TORRE EXNER – FERRATA TRIDENTINA

Ecco la relazione di Elia, sulla ferrata tridentina, la classica Gita Sociale dolomitica del Gap, che chiude la stagione estiva. Per scelte di redazione non abbiamo potuta inserirla nel numero del nodo..
La riporto qui di seguito. 
Buona Lettura

“La ferrata Tridentina è una
ferrata dolomitica che si trova nel gruppo del Sella, una delle più popolari
nelle Dolomiti. E’ una ferrata ben attrezzata, che si contraddistingue per la
bellezza della roccia (anche se un po’ levigata per le numerose ripetizioni)
con la cascata del Pisciadu che scroscia accanto al suo percorso; nell’ultimo
tratto si percorre infine il ponte sospeso sopra una profonda spaccatura
rocciosa, passaggio molto aereo.
La partenza è di primo
mattino, all’attacco si nota già la serpentina che risale il percorso;
disposti dai capi gita in modo da formare un gruppo omogeneo si parte. La
salita è interessante e dinamica, volendo si può proseguire solamente
utilizzando i numerosi appigli forniti dalla roccia. Nonostante il gran numero
di persone che ci precedono si sale abbastanza regolarmente.
Alcuni passaggi esposti
ricordano di prestare ben attenzione nell’ utilizzare correttamente i
moschettoni nelle apposite guide. Vi sono anche punti di salita verticale in
cui si dovrebbe arrampicare, se non fossero installate scale a pioli. L’
ambiente è suggestivo.
Infine il famoso ponte
sospeso, dal quale non è consigliabile esporsi per chi soffre di vertigini,
indica la fine della via; dopo le foto di rito si raggiunge il rifugio
Pisciadù. Le nuvole basse impediscono di vedere le vette sopra le nostre teste,
ma si è comunque consci di essere piccoli, al confronto di questi massicci
imponenti”.


(fonte Forum Trieste)

Rogno, Via le mà dal Kul (5c)

Questa via è sempre stata divertente ma non banale, con un bel traverso estetico e suggestivo. Non troppo duro. Decido di affrontarla con Elia, in un bel sabato di settembre. Ma non tutte le ciambelle escono col buco e incappiamo nella classica giornata no. Subito in partenza sono titubante e dubito…piazzo addirittura un friend. Poi tiro azzero, vado, mi blocco indeciso come non mai. Oh, non si va su. O meglio si va su a gran fatica spinto più dall’orgoglio di averla già fatta diverse volte.

Elia mi da una mano e tira anche lui da primo…ma anche da secondo sono proprio inchiodato.

Va beh alla fine la chiudiamo. Ma lo stile…eh lo stile.

Lo stile la prossima volta.

Nando

Rogno

Spigolino e traverso suggestivo

Elia si “staglia” nel blu

Sconclusionati, a fine via.

Silvia Vidal a Scanzorosciate-Sabato 9 Novembre 2013

Con grande piacere il Gruppo Alpinistico Presolana vi informa che quest’anno ospiterà la fortissima scalatrice catalana SILVIA VIDAL, nell’ambito della rassegna dei Film di Montagna.

Silvia si aggiunge agli altri grandi alpinisti che il GAP ospita ogni anno a partire dal 2000.

AUDITORIUM PIA FONDAZIONE PICCINELLI
INGRESSO VIA GUINIZZELLI
SCANZOROSCIATE

SABATO 09 NOVEMBRE 2013

ORE 20.45

Silvia in azione…non mancate!

Castagnata 2013

Clima tipicamente autunnale, ieri alla Castagnata. Niente pranzo, come gli altri anni, ma solo castagne, torte e un buon bicchiere di vino rosso nella migliore tradizione. Per i più affamati anche del pà e strinù come genere di conforto. Nonostante la pioggerellina fastidiosa, che a tratti ha condizionato la giornata, l’affluenza di pubblico non è mancata, tante famiglie e bambini e i consueti frequentatori della mondanità orobica. Si insomma, un bel pomeriggio per chiacchierare in compagnia degli amici con un buon bicchiere in mano. 
Grazie a tutti della presenza, anche quest’anno il ricavato andrà a supporto dei nostri progetti di solidarietà in CIAD.
Nando

Arco di Trento-Placche Zebrate, Via Claudia (5c, 5b obb.)

Finalmente trovo il tempo per fermarmi. Questa giornata uggiosa non mi lascia altra alternativa che scrivere sul blog. Del resto, la spesa è già fatta e la cena pronta. Ho tempo di metter giù due righe, le prime che raccontano un po’ della stagione estiva appena conclusa. Stagione che devo ancora focalizzare, che ancora non ho capito bene. Cioè, se è andata bene o male, intendo. Si vedrà…
Due settimane fa sono ritornato dopo 5 anni alle Placche Zebrate con Elia. Le Placche Zebrate, era il mio personale “Eldorado”, vie lunghe, chiodatura buona, ambiente controllato. Le ho ritrovate un po’ logorate, usurate per meglio dire. Del resto la via Claudia è una super classicissima del posto, molto ripetuta. 
Le difficoltà contenute, perlomeno dei tiri non chiave, la rendono perfetta per irrobustire la testa di chi si approccia da poco ad andare da primo, a guidare la cordata. Un ottima occasione per testare “la crapa” del mio giovane socio. 
Parto io sulla placca untissima del primo tiro. Ho portato le scarpette risuolate di fresco mai messe e provate. Bella cazzata. La gomma è troppo perfetta, pulita, lucida. Non ha il consueto grip, avrei dovuto dare una passata con la carta vetrata. Va beh pazienza. Il tiro si complica non poco, ma passo. Sembrava di scalare con le scarpe di cuoio della festa, quelle della laurea. Il tiro dopo parte Elia, un po’ preoccupato, ma deciso. Sbobiniamo i tiri di corda con buon ritmo. Andiamo bene.
Salendo noto un effetto curioso, la mente sembra più proiettata a ricordare i passaggi, i tiri, le difficoltà, invece di leggere poco a poco la via, la roccia. Mi trovo un po’ disorientato, sperso su queste placche che si susseguono, abituato come sono a cercare diedri, camini e fessure. Forse il mio stile di arrampicata è cambiato, forse mi sono trasformato definitamente in un rocciatore classico. O forse sono solo poco allenato.
Interessante vedere, come la stessa via puoi viverla in modo diverso, a distanza di anni.  
Realizzo che in fondo arrampicare è un po’ dialogare con noi stessi. 
Stessa via, percezioni diverse, in funzione di come siamo. 
Di come stiamo. 
Nando
Elia “da primo”

Sul traverso di 4c
In cima

Trekking di Ferragosto

Solo qualche immagine del nostro trekking, tra Bosconero, Pelmo, Civetta,
… poi magari qualche altro post descriverà meglio questi giorni insieme…
.
 valli e montagne…
rocce e sentieri…
grandi pareti…
boschi e silenzi…

compagni di avventura…

alla prossima
Chiara e Marco

Spigolo Del Vecchio-Campanile Pradidali (III-IV, IV+)

Tra i soliti mille impegni, necessità lavorative ed incastri, riusciamo finalmente ad organizzare un week-end dolomitico. L’idea è quella di fare una bella via su roccia buona, gradi abbordabili e impegno complessivo non troppo ingaggioso. Alfio con la sua proverbiale conoscenza dei monti pallidi tira fuori dal cilindro lo spigolo del Vecchio al Campanile Pradidali, sopra il rifugio omonimo, nel gruppo delle Pale di S. Martino (tra l’altro complimenti alle gentilissime e carinissime cameriere, due presenze angeliche in mezzo a tanti alpinisti barbuti). 
Sabato attacchiamo il sentiero alle 17.00, subito dopo un bell’acquazzone, che fortunatamente schiviamo. Ci rendiamo conto che dato l’avvicinamento (sono stimate due ore di buon passo) siamo partiti un po’ tardi…siamo anche belli carichi perchè ci siamo portati i materassini per dormire, dato che non abbiamo un posto letto. Il rifugio è pieno zeppo. Saliamo dunque sparati, e complice l’umidità altissima e gli zaini enormi ben presto siamo bagnati fradici. Letteralmente come usciti dalla doccia.
Impressionante la compattezza e la grandezza della parete est del Sass Maor, che non avevo mai visto.
Giungo al rifugio in un ora e 45 minuti e mi sorprendo..la gita in alta quota al Palon de la Mare ha avuto un benefico effetto.

Imbocchiamo la valle, ci attende una bella scarpinata

Il rifugio appollaiato su un costone sbuca dopo un po’

Dopocena facciamo conoscenza con due ragazzi bresciani, Davide e Diego, simpaticissimi. Anche loro hanno fatto il Gran Pilastro l’anno scorso e ci scambiamo impressioni e racconti. Il giorno seguente attaccheranno la blasonata e prestigiosa Fessura Buhl alla Cima Canali. I ragazzi sono due tipi tosti! Ridiamo e scherziamo, e la serata prenderebbe la giusta piega “bar sport”, ma purtroppo la sveglia presto ci riporta con i piedi per terra e dopo esserci scambiati i contatti ci salutiamo. Alla fine noi abbiamo avuto la fortuna di trovare due posti letto, mentre loro si accomoderanno sui tavoli (e probabilmente dormiranno meglio di noi).

La loro salita la trovate qui, il blog del gap è stato addirittura citato! (e io ricambio il favore)
http://www.cornodicavento.com/FORUM2/index.php?t=msg&th=2131&start=0&rid=0&S=2128fe9be8c3ae6daf04192861ef405a

L’indomani sveglia presto cielo meravigliosamente senza nuvole. Solo un vento freddo e teso che ci abbandonerà solo sugli ultimi tiri.

Il Sass Maor baciato dalle prime luci del mattino





La via sale l’evidente spigolo sulla destra

La linea seguita (più o meno)

Sui primi tiri mi sento un po’ impacciato, è tre settimane che non scalo. Poi piano piano ritrovo il giusto feeling. Troviamo sulla via altre due cordate, decisamente inesperte, che ci rallentano di un ora buona dovendo attendere il loro passaggio sul tiro chiave. Su gli ultimi tiri, dove il percorso è meno obbligato li superiamo e ci portiamo rapidamente in vetta.
La via complessivamente è divertente e interessante. noi abbiamo fatto la versione integrale partendo dalla nicchia dove c’è una lapide, altri saltano il primo tiro attaccando più in alto e a destra in corrispondenza di un catino. Il quinto tiro (chiave) è veramente bello, dritto, continuo, ben appigliato su roccia ottima. Di piena soddisfazione. La discesa non è da sottovalutare sopratutto se inesperti, ci sono tre doppie nel vuoto su parete strapiombante. Nel complesso si è rivelata meno banale e semplice del previsto, ma sicuramente consigliabile.

La pala di San Martino, con il bivacco in cima e in primo piano, la cima Imnik

Sesto tiro, Alfio in posa “retorica” sullo  spigolo, delsesto tiro, dopo il tiro chiave. 




































Le corde sullo spigolo. 

Ultima sosta

Vetta e autoscatto di rito!

Alfio in doppia, Cima di Ball, spettacolare doppia aerea. 

Merenda finale!

E ogni volta, mentre si imbocca il sentiero verso casa si pensa già alla prossima avventura, tra visioni mistiche e cieli biblici.

Nando

Palon De la Mare 3703 M

Ridendo e scherzando è già passata una settimana, corre veloce il tempo.
La gita è la “classicissima d’estate”, la salita su ghiacciaio. Quest’anno la meta è il Palon. Siamo in 18, un gruppo affiatato e simpatico con le solite facce ben note e alcuni giovani alle prime esperienze in alta quota. 
La sveglia alle 4 di mattina rischia di essere vana, il cielo e coperto, nuvi ovunque, piove. I più determinati tornano a dormire….io e Marco, capigita, dobbiamo rimanere all’erta. Per fortuna intorno alle 5 smette e si apre un po’. Allora decidiamo di partire. 
Siamo fortunati, rapidamente il cielo si pulisce, prima sulle cime intorno a noi e poi anche sulla nostra meta di giornata. Risaliamo la faticosa morena piano piano, e intorno alle 7.30 siamo sul ghiacciaio. Dopo le operazioni di imbrago e legaggio in cordata ripartiamo. Siamo soli. Decisamente fortunati. Possiamo gustarci il panorama  il paesaggio tutto per noi. 
 La vetta è deserta, uno spettacolo magnifico. Ci aspettiamo tutti, ridiamo scherziamo. Foto di rito. 
Scendendo Elio ci parla delle baracche della guerra, ci indica la linea del fronte italiano e di quello austriaco..la bellezza di questi luoghi stride con le pene e sofferenze di chi quassù a combattuto. 
La birra al rifugio conclude la bellissima giornata. 
Un pò meno l’oretta di coda al rientro. 
Grazie a tutti per la bella compagnia.

Risaliamo la faticosa morena all’alba

Il cielo è nuvoloso, ma si sta aprendo

Operazioni di imbrago sul ghiacciaio.

E poi via, siamo soli, in un ambiente bellissimo.

La cima si scorge, manca poco!

Foto di gruppo (scusate l’inquadratura, ma è un autoscatto)

e poi giù, verso la meritata birretta.

Rifugio Branca, la neve d’estate.

Avevo circa dieci anni quando per la prima volta salii al Rif. Branca. Poi non ci ero più stato. Eppure è un posto a cui sono rimasto molto affezionato, è il luogo dove per la prima volta la montagna mi sorprese e mi emozionò. Quella specie di nodo alla gola che ti prende, quel misto di felicità e sorpresa che ancora oggi provo nelle salite un po’ speciali, in compagnia di persone a cui sono molto legato o di fronte alle montagne importanti. 
A dieci anni, avevo degli scarponcini della Timberland, uno zaino Invicta, gli immancabili pantaloncini corti, che mettevo da marzo a novembre (unico caso nella classe) e una maglietta di cotone. Avevo una incredibile borraccia arancione, di alluminio, tutta deformata e rigonfia, che forse ancora oggi conservo e a cui mi attaccavo e bevevo, impregnato com’ero di sudore e di sete. Una sete boia, quelle di chi non sa gestire lo sforzo e cammina e suda senza tregua. 
Mi ricordo che sbuffavo stanco e annoiato lungo la strada che saliva al rifugio, continuando a domandarmi quanto mancava. Era una gita di ben tre giorni in quinta elementare, una cosa avveniristica per quei tempi, organizzato dal mitico maestro Egidio, la cui popolarità tra i genitori aveva creato il giusto sostengo ad un esperienza di questo tipo. C’era anche mio padre, che mi ricordo insisteva un casino sulle calzature giuste, lui, che da membro del Soccorso Aereo dell’Areonautica, recuperava spesso durante il servizio escursionisti sprovveduti e mal equipaggiati. Io ero molto orgoglioso che mio padre era dell’Areonautica, volava sugli elicotteri, un mestiere figo. Ero orgoglioso che rompeva le balle, mi dava l’idea dell’esperto. 
Il cielo era grigio, l’aria fredda, era maggio, ma un nebbione avvolgeva quasi tutto. Gli altri bambini erano un po’ avanti, mio padre forse un po’ dietro. Salivo solo lontano da tutti.  Almeno così a me pare di ricordare. 
A un certo punto girato l’ultima curva mi apparve il rifugio. Finalmente, pensai. In quello stesso momento, o poco dopo, o poco prima,  la nebbia si alzò un po’ …e apparve maestoso il ghiacciaio dei Forni in tutto il suo splendore. 
Rimasi a bocca aperta. 
A dieci anni io non avevo il concetto di ghiacciaio in testa, non lo avevo mai visto nemmeno in foto, credo. Forse il Maestro Egidio non me lo aveva ancora spiegato o forse era proprio la lezione di quella giornata. 
“la neve? com’è possibile così tanta neve? La neve c’è in inverno. Siamo a primavera”.
Con questa domanda e lo stupore in testa raggiunsi il Rifugio. Ero affascinato e felice. Aveva incominciato a nevicare, o forse grandinare. 
L’organizzazione e l’apprensione degli adulti ebbe il sopravvento, finimmo nell’invernale al caldo e all’asciutto. Finchè smise. Poi si richiuse tutto e il ghiacciaio non lo rividi più. Scendemmo a S. Caterina.  
Ho pensato spesso negli anni al Rifugio Branca…il posto dove è la montagna per la prima volta mi ha emozionato. E ancora oggi, adulto, ritrovo in quello stupore e in quel senso di felicità (benchè effimera), la motivazione per andare in montagna. 
Grazie all’Egidio, a mio padre e a chi avuto voglia di portarmi in giro in tutti questi anni. 
Dovevo scrivere del palon de la mare. Ma scusate mi è uscita questa cosa qua. 
Nando

Il Rifugio Branca