L’idea di farmi due ore abbondanti di auto per finire sulle Orobie, che possono distare da casa anche meno di un ora non mi ha mai allettato. Di conseguenza l’idea di far visita al loro versante nord in Valtellina, passando tra l’altro per l’odiosa Statale per Lecco è sempre stato in fondo ai miei pensieri. Se devo sbattermi allora meglio puntare l’esotica Svizzera, anziché finire all’ombra dei giganti delle Orobie.
Francesco però sa abilmente convincere i suoi compagni di scalata evocando polveroni e pendii ripidi, argomenti più che convincenti per passare al lato oscuro dell’Orobia. Del resto se non ne approfitto quest’anno in cui sono lanciato, una puntata in queste zone non la farò probabilmente mai.
Come da un mesetto buono a questa parte, la soglia psicologica della sveglia alle 5.00 riduce la truppa ai soliti noti. Breve chat telefonica e Lorenzo ha già lo zaino pronto e gli sci a portata di mano.
Le sensazioni a inizio gita non sono delle migliori. Stradina che parte con un ripidone di benvenuto, freddo pungente e ombra. Anche oggi, gita plasir domani.
Superato il primo salto arriviamo nella conca delle Baite Michelini. L’ambiente è suggestivo e forse sono solo io che mi sono svegliato storto. All’Alpe del Druet l’ambiente passa a selvaggio ed è evidente che sono io che mi sono svegliato storto, perché il posto è semplicemente fantastico. L’orologio segna 700 m di dislivello percorso e sembra impossibile che il canale del Druet, in parte già visibile, sia mille metri più in alto. Proseguiamo puntando al Vallone del Vagh e l’ambiente passa da selvaggio ad austero. Siamo in pieno lato oscuro delle Orobie.
La neve è intonsa e Francesco traccia diagonali con precisione millimetrica. Qualche centinaio di metri più in basso vediamo comparire altri scialpinisti. Sono tutina e in poco tempo ci sono addosso. Superandoci iniziano a tracciare con le classiche linee da rallisti. La precisione dello skitourer lascia il posto al dritto per dritto. La cosa non ci piace molto e continuiamo testa bassa sulla nostra linea.
Arriviamo al canale mentre loro iniziano a scendere, bella fregatura noi l’abbiamo tracciata quasi interamente e loro ci spolverano il pendio. L’avidità umana è potente nel lato oscuro.
Da bravi Jedi dello Scialpinismo però puntiamo il canale, tentando la vetta. Non sembra in condizione o forse essendo il primo ingaggio stagionale serio su misto, non siamo molto preparati a tale terreno. Decidiamo che non vale la pena e per questa volta l’Impero ha vinto, ma ci resta pur sempre una bella discesa da affrontare.
In pieno nord, all’ombra dei giganti respiriamo l’atmosfera dell’inverno…ampi silenzi interrotti solo dalle nostre voci e dal rumore degli sci…la neve ci consente di spingere in discesa e le gambe ci seguono nonostante i 1700 m di dislivello D+.
Sensazione fantastica. Sciamo dove vogliamo. Scegliamo gli sciatori che vogliamo essere. Serpentina, curva breve, curva lunga. La proverbiale prudenza dello scialpinista, sempre pronto ad aspettarsi cambi di neve su cui adattare la sciata, lascia spazio alla velocità. Spingiamo e ci divertiamo. Valichiamo il confine dello scialpinismo classico e ci addentriamo nel terreno del freeride.
C’è poco da fare, quando trovi le condizioni giuste e un buon feeling, lo scialpinismo per me è la parola più vicina al concetto di libertà.
Nando
Bella relazione ed immagini che trasudano dell’ebrezza dello scialpinismo.
Sempre nuove geometrie sulla neve.
Ciao
Grazie Gigi! Lo Scialp è uno dei punti cardine dell’attività del Gruppo!
Complimenti per la gita
Ottima relazione sui versanti nord delle Orobie.
Continuate orgoglio per il gruppo.