Vista da fuori l’arrampicata è senza dubbio una delle attività che più incuriosisce i ragazzi. Ne parlano, la vogliono provare e si riesce a catturare la loro attenzione parlando di corde e scarpette. Scalare però è anche maledettamente bipolare e divide sempre i principianti in due categorie: gli entusiasti e i timorosi.
Per i primi, è un misto tra gioco e giostra, accende la sfida personale, il gusto di provare a salire. Gratifica immediatamente e stimola l’istinto innato per il brivido. Per i secondi l’indifferenza è il sentimento prevalente nella migliore delle ipotesi. Si muovono incerti e ancor prima di provare sostengono che falliranno.
Anche quest’anno abbiamo trovato queste due “anime” nel gruppo. Però a differenza di altre volte, la cosa che mi ha sorpreso, è che tutti prima o dopo hanno provato e si sono lasciati coinvolgere. Non tanto da noi esperti, quanto dagli amici più entusiasti. Per noi una bella sorpresa. E una bella soddisfazione per gli educatori.
Il senso di questa attività è sperimentare i propri talenti e limiti. Fidarsi degli altri, rispettare le regole per la sicurezza. I ragazzi sono abituati a voti a scuola, valutazioni, classifiche nello sport, comparazioni. Il più bravo, il più scarso. A noi piace lavorare in direzione opposta. Ognuno al meglio delle sue possibilità può provarci.
Che tu raggiunga la catena o no, non importa. Hai avuto fegato. Ti sei messo in gioco senza pensare al giudizio degli altri.
Per noi questo è l’insegnamento più importante.
Nando