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Recastello-Canale Nord (Pd+)

Prologo
L’ultima volta che ho dormito al Curò era il 1990. La sera d’esordio dell’Italia al mondiale, contro l’Austria. 1 a 0 gol del mio idolo Schillaci. Avevo 12 anni. Ricordo la notte insonne e il giorno dopo stralunati, tutti al lago Barbellino naturale.
Forse è lì che ho sentito parlare per la prima volta del canale del Recastello.
Negli anni successivi, durante l’adolescenza, era tutto un sentir discutere di pareti nord, canali, picche ramponi. Erano gli anni 90, gli anni delle spedizioni dei “normali”..e sognavo l’alta quota, ghiaccio e neve, aria sottile. L’impresa epica e chissà un giorno gli 8000. Affascinato, mi scontravo col fatto che ero troppo piccolo e inesperto per poter andare anche io. Qualche mio coetaneo però lo portavano: Gran Zebrù, Nord del Palon de la Mare. Competitivo com’ero all’epoca, rosicavo non poco. Perchè io no? Che avevano gli altri in più? Ruminavo sentieri e cime..ma le cose difficili non erano per me. I miei alpinisti di riferimento, nel mio piccolo mondo, prendevano e andavano, koflach, zaini enormi con le piccozze appese, corde e chiodi da ghiaccio.. loro si che erano “veri”. Mi raccontavano le salite e io rimanevo affascinato e a bocca aperta. Aspettando il momento in cui si decidessero a dirmi “vieni con noi”. Quel momento per mille motivi, non è mai arrivato e nel frattempo i miei interessi sono cambiati, sono cresciuto, e il mio mondo è diventato quelle delle scarpette e magnesite. Ciononostante, alcune pareti sono rimaste nel mio immaginario alpinistico, tra cui la Nord del Recastello.
E a venticinque anni di distanza, quasi per caso, riaffiora sepolta nello sgabuzzino delle cose fare, grazie ad una mezza idea buttata lì da Marco, amico di Padova con cui condividerò un’avventura quest’estate. Continue reading

Torre Maria al lago Rotondo

Nell’ultima gita estiva del gruppo vogliamo rendere un omaggio ad un amico del GAP: su invito di Benigno vorremmo raggiungere la vetta della Torre Maria (già Torre del Lago), al lago Rotondo, al cospetto del Pizzo di Trona. Qui nel 1994, vent’anni fa, don Roberto Pennati con i ragazzi della comunità dell’Agro lasciava una piccola e discreta statua della Madonna.

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Gran Paradiso (4.061 m)

Verso luglio mi contatta un mio compagno di università, Lorenzo,  in cerca di partecipanti per raggiungere la vetta del Gran Paradiso. Fatichiamo a trovare altri soci di spedizione ma, verso la fine di agosto, praticamente una settimana prima di partire, ecco che si aggiungono Tommaso, in cerca di nuove esperienze adrenaliniche e il caro vecchio socio della montagna Matteo.
Sistemati gli ultimi aspetti organizzativi ( abbigliamento da portare, nodi da cordata etc…) scegliamo, azzardando, di andare per il 2-3 settembre; fortunatamente il meteo ci ha graziati regalandoci due giorni davvero splendidi.
E così, martedì 2 settembre, a pomeriggio quasi inoltrato partiamo alla volta del rifugio Vittorio Emanuele speranzosi di avere delle condizioni ideali l’indomani. La salita ci regala paesaggi sempre più belli tant’è che la frase più ricorrente del gruppo è “Ada che bei posti!”. Verso le 16 raggiungiamo il rifugio ben contenti di togliere gli zaini pesanti dalle spalle, ci sistemiamo in camera e iniziamo a dare un’occhiata alla cartina per non trovarci troppo impreparati durante la salita alla vetta ( dopotutto è stata la prima esperienza senza gente esperta al fianco ).
Il giorno dopo la sveglia è puntata alle 4.45, ci svegliamo al ritmo di Conga e iniziamo a prepararci.
Attraversiamo una sorta di pietraia per circa un’oretta finché finalmente non  arriviamo alla volta del ghiacciaio, calziamo i ramponi, ci leghiamo in cordata e iniziamo a muovere i primi passi su una neve molto compatta.
La temperatura non è così bassa come pensavo e il vento non si fa sentire troppo così in circa quattro ore raggiungiamo con tranquillità il colletto appena sotto la madonnina, di gente ce n’era davvero tanta e quindi per arrivare veramente in vetta impieghiamo circa un’altra ora, dato che bisogna attraversare un “sentiero” molto stretto ed esposto, per consentire alle altre cordate di scendere.
L’emozione una volta in vetta è davvero tanta, strette di mano e foto ricordo sono doverose; il paesaggio è proprio stupendo, non una nuvola all’orizzonte, tanto da permetterci di vedere tutte le principali vette valdostane.
Una volta ritornati con i piedi sul ghiacciaio ci rendiamo davvero conto di quel che abbiamo fatto ovvero esser riusciti, alle prime esperienze, a raggiungere una vetta di tutto rispetto!

Raggiunto nuovamente il Vittorio Emanuele brindiamo al successo con l’immancabile radler, più di una…

Lorenzo

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Monte Castore (4.228) m

Finalmente dopo tanta attesa sempre con un occhio al meteo ballerino, siamo riusciti a realizzare la gita “regina” del calendario di uscite del Gap di quest’anno.
Piazziamo la salita nell’unica finestra di bel tempo, in mezzo a tanta variabilità metereologica. Per vari motivi perdiamo un po’ di iscritti prenotati per luglio. La settimana è in effetti in periodo vacanziero profondo. Siamo comunque in undici e circa la metà di noi è al cospetto del suo primo “4000”.
Lasciamo Scanzo con un tempo infame e nonostante il meteo sia buono per il giorno seguente, l’incertezza e i dubbi sono davvero molti. Ma l’ottimismo del Gigi e del Marco non ci fanno disperare troppo..e con un po’ di follia partiamo. In effetti in Val d’Aosta il tempo è migliore con ampi squarci di cielo azzurro e sole. E soprattutto niente acqua.
Il primo giorno risaliamo una scomoda pietraia che si trasforma in cresta rocciosa prima dell’arrivo al rifugio Sella. Il secondo giorno sveglia alle cinque, calziamo i ramponi fuori dal rifugio e risaliamo il ghiacciaio del Felik. Da lì al colle omonimo che ci porterà verso le creste finali e la vetta.
Non vorrei scrivere la cronaca di questa gita, preferirei lasciar parlare le immagini, affinchè ognuno dei participanti vi ritrovi le emozioni che ha vissuto e chi non ci è stato e ci segue virtualmente, possa godere dei paesaggi,  nel modo silenzioso e un po’ ovattato tipico di questi ambienti.
Per me il fascino dell’alta quota risiede nel misurare se stessi sopra la fatidica altezza dei 4000 metri, a diretto contatto con gli elementi naturali, i ghiacciai, il freddo, l’aria “fine”. Mette a nudo ciascuno di noi, saggiando la propria condizione fisica, la naturale capacità di reagire alla scarsità d’ossigeno e la determinazione mentale di affrontare la fatica e l’ambiente circostante.
In alta quota, quando si raggiunge la vetta,  la stretta di mano con i nostri compagni di avventura è sempre un po’ più emozionante e il pensiero per chi è a casa, più forte.
Nando

Regina d’Agosto.

6.21 suona la sveglia.  21, che fa meno male di 20.
Ci vuole un momento per riconnettermi col mondo.. uff perchè suona?
..ah si montagna, camminare.
Maledettte birre e ore piccole.
L’ultima chance per girarsi nel letto è il proverbiale meteo di m.. di quest’anno.
Guardo fuori, non sembra male…..
Mi ributto in branda, dai per camminare è presto. Dormo altri 20 minuti. Poi quasi in automatico, mi tiro su, raccatto lo zaino ed esco. Devo rispettare il mio personale codice cavalleresco. Se dico che vado e c’è bello, vado. Più che altro per non farmi sfottere per il resto della settimana dai soliti noti.
Poi, del resto sto a casa a fare?
Agosto è un mese per certi versi terribile. E’ noioso come la domenica pomeriggio e il primo dell’anno. Solo che dura 31 giorni.  E io non ho soci per arrampicare, spersi ai quattro angoli del mondo. Anche l’ultima risorsa che contatto, è stato imbrigliato dalla morosa, un’ora prima della mia telefonata esplorativa del sabato.
Ad Agosto non c’è in giro nessuno e può diventare un opportunità. Fai cose inusuali ..uscire a cena con amici che non senti da tempo, prendere la bici e girare la città semideserta di notte, andare in montagna da solo. Tipo in Presolana.
Non che sia chissà che cosa, ma appena provi a dire che vai da solo in montagna è una sollevazione popolare di gente che ti sconsiglia. Dalla mamma, all’ultimo degli amici “bar sport”. Quello che l’ultima volta che è stato in montagna l’ha portato suo padre, quando aveva la Fiat Ritmo.
Al Passo inizio a camminare, intenzionato a salire con un ritmo regolare, godendomi un po’ di quiete. Detto fatto due comaschi mi si piazzano alle calcagna e poi mi superano. Spero mi mollino lì, invece rallentano…mi tocca salire insieme. La sensazione è quella di essere in una spiaggia deserta e puntuale vedersi arrivare la famigliola chiassosa, che pianta l’ombrellone a due passi da te.
Per fortuna le rampe tagliagambe dopo i cassinelli mi danno una mano. E ben presto restano indietro. Finalmente quello che cercavo. Stare un po’ per i fatti miei. Mi godo le pareti, e i torrioni della sud, che mostrano abbondanti venute d’acqua. Mi consola, arrampicare oggi sarebbe stata dura.
Breve sosta alla grotta dei pagani per un sorso d’acqua poi riparto subito. Sulle roccette che salgono lungo la normale alla vetta Occidentale non c’è nessuno. Il silenzio e le pareti intorno mettono in soggezione. Richiamano al rispetto. Mi concentro sui movimenti, secondo grado, ma sempre piacevole usare mani e piedi per salire. Comunque non c’è da distrarsi. In breve tempo sono in vetta, dove vengo raggiunto dalle proverbiali nebbie presolaniche. Riesco comunque a godermi il panorama e soprattutto il silenzio. Sono solo. Ci rimarrò per 30 minuti abbondanti.Sempre emozionante la cima di una montagna. Momenti tranquilli pieni di senso, di gioia di completezza.

Leggo un po’ il libro di vetta e trovo scritti bei pensieri e altri volgari. La retorica che chi va in montagna è una persona migliore non regge. Però in montagna ci vanno tante belle persone.
E di questo si, ne sono abbastanza sicuro.Nando

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TORRE EXNER – FERRATA TRIDENTINA

Ecco la relazione di Elia, sulla ferrata tridentina, la classica Gita Sociale dolomitica del Gap, che chiude la stagione estiva. Per scelte di redazione non abbiamo potuta inserirla nel numero del nodo..
La riporto qui di seguito. 
Buona Lettura

“La ferrata Tridentina è una
ferrata dolomitica che si trova nel gruppo del Sella, una delle più popolari
nelle Dolomiti. E’ una ferrata ben attrezzata, che si contraddistingue per la
bellezza della roccia (anche se un po’ levigata per le numerose ripetizioni)
con la cascata del Pisciadu che scroscia accanto al suo percorso; nell’ultimo
tratto si percorre infine il ponte sospeso sopra una profonda spaccatura
rocciosa, passaggio molto aereo.
La partenza è di primo
mattino, all’attacco si nota già la serpentina che risale il percorso;
disposti dai capi gita in modo da formare un gruppo omogeneo si parte. La
salita è interessante e dinamica, volendo si può proseguire solamente
utilizzando i numerosi appigli forniti dalla roccia. Nonostante il gran numero
di persone che ci precedono si sale abbastanza regolarmente.
Alcuni passaggi esposti
ricordano di prestare ben attenzione nell’ utilizzare correttamente i
moschettoni nelle apposite guide. Vi sono anche punti di salita verticale in
cui si dovrebbe arrampicare, se non fossero installate scale a pioli. L’
ambiente è suggestivo.
Infine il famoso ponte
sospeso, dal quale non è consigliabile esporsi per chi soffre di vertigini,
indica la fine della via; dopo le foto di rito si raggiunge il rifugio
Pisciadù. Le nuvole basse impediscono di vedere le vette sopra le nostre teste,
ma si è comunque consci di essere piccoli, al confronto di questi massicci
imponenti”.


(fonte Forum Trieste)

Palon De la Mare 3703 M

Ridendo e scherzando è già passata una settimana, corre veloce il tempo.
La gita è la “classicissima d’estate”, la salita su ghiacciaio. Quest’anno la meta è il Palon. Siamo in 18, un gruppo affiatato e simpatico con le solite facce ben note e alcuni giovani alle prime esperienze in alta quota. 
La sveglia alle 4 di mattina rischia di essere vana, il cielo e coperto, nuvi ovunque, piove. I più determinati tornano a dormire….io e Marco, capigita, dobbiamo rimanere all’erta. Per fortuna intorno alle 5 smette e si apre un po’. Allora decidiamo di partire. 
Siamo fortunati, rapidamente il cielo si pulisce, prima sulle cime intorno a noi e poi anche sulla nostra meta di giornata. Risaliamo la faticosa morena piano piano, e intorno alle 7.30 siamo sul ghiacciaio. Dopo le operazioni di imbrago e legaggio in cordata ripartiamo. Siamo soli. Decisamente fortunati. Possiamo gustarci il panorama  il paesaggio tutto per noi. 
 La vetta è deserta, uno spettacolo magnifico. Ci aspettiamo tutti, ridiamo scherziamo. Foto di rito. 
Scendendo Elio ci parla delle baracche della guerra, ci indica la linea del fronte italiano e di quello austriaco..la bellezza di questi luoghi stride con le pene e sofferenze di chi quassù a combattuto. 
La birra al rifugio conclude la bellissima giornata. 
Un pò meno l’oretta di coda al rientro. 
Grazie a tutti per la bella compagnia.

Risaliamo la faticosa morena all’alba

Il cielo è nuvoloso, ma si sta aprendo

Operazioni di imbrago sul ghiacciaio.

E poi via, siamo soli, in un ambiente bellissimo.

La cima si scorge, manca poco!

Foto di gruppo (scusate l’inquadratura, ma è un autoscatto)

e poi giù, verso la meritata birretta.

Sass Rigais 3025 m. Odle

Da ormai diversi anni la “ferrata” di settembre è sinonimo di bel tempo, divertimento e splendidi panorami dolomitici. Anche quest’anno la tradizione è stata rispettata e domenica siamo saliti in 21 sulla cima più alta del gruppo delle Odle, il mitico Sass Rigais. 
Mitico perchè è stata la mia prima avventura su roccia a 12 anni, 22 anni fa! Pazzesco. Mi ricordo il Gino come mio capocordata, le gambe che tremavano per la paura, la voce agitata e quella sensazione di vuoto allo stomaco sulla forcella poco prima dell’attacco. La ferrata me la ricordavo più lunga, la cima no, me la ricordavo esattamente così come è! Potere della memoria. 
Il gruppo si è mosso agile, sicuro e veloce, anche chi si cimentava per la prima volta con una ferrata. Le donne del gruppo (guai a non citarle) hanno dimostrato ancora una volta grinta da vendere e tenacia notevole, non mollando mai. Una citazione speciale al casco dell’Andrea, del Gigi e del Benny, vere perle di archeologia alpinistica, ma portati con grande stile! 
In vetta strette di mano e complimenti, un gesto semplice, ma ricco di significati, che trovo sempre più raro sulle cime zeppe di frequentatori hi-tech, iperattrezzati e concentrati sulla prestazione. Uno gesto che a noi del GAP piace ancora. 
Dopo la lunga discesa, una pausa con melone e un bicchiere di rosso sui prati alla base delle pareti. Marco e Andrea hanno portato il gustoso carico nello zaino fino in cima! Che dire proprio bravi gli alpinisti di stampo classico!
Al rifugio Juac tra gli splendidi prati sfalciati di fresco abbiamo brindato alla giornata con una radler, poi ci siamo salutati. Qualcuno si è intrattenuto ancora un po’ discutendo di nuovi progetti, idee e salite da fare…gustandosi i primi silenzi del tardo pomeriggio, senza nessuna voglia di tornare a casa.  
In quei momenti, a cavallo tra una salita conclusa e la prossima da progettare, c’è tutta l’essenza delle amicizie nate in montagna e il segreto della nostra meravigliosa passione. 

Salendo verso il Sass Rigais

Preparazione alla forcella

Verso l’attacco della ferrata

Ci aspettiamo tutti e poi via!

Momenti di salita

Panorami e protagonisti..

Foto di vetta!

In cima col capocordata Gino 22 anni dopo!

Caschi “vintage”, super Andrea e Gigi “the president”

In discesa si rimane concentrati

Il libor di vetta…

L’ometto ci saluta, ciao Sass Rigais alla prossima!

e per finire, Benny relax.

ADAMELLO

Solo qualche parola,  qualcuno pubblicherà in modo più completo la relazione su questa nuova avventura

Un sorso dalla borraccia, una corda tesa, la preoccupazione del cammino, la fatica, la pazienza del passo comune, la gioia della vetta, la soddisfazione di condividere questa nostra passione con gli amici di sempre, di oggi, di domani…