CAMBIA LINGUA

Monte Bianco 4810m, dove nulla è scontato

Seguendo l’escalation delle gite d’alta quota degli ultimi quattro anni, questa volta, per la meta da raggiungere abbiamo voluto puntare al tavolo dei grandi, scegliendo quindi di raggiungere la vetta del Monte Bianco.

Fino all’ultimo non eravamo sicuri di partire, per via delle difficoltà nel prenotare nei vari rifugi lungo le diverse vie di accesso alla vetta. Iniziamo, belli lanciati, a sentire il rifugio Cosmiques per affrontare la “Via dei Tre Monti” per poi trovare posto al rifugio Gouter, punto tappa per la  “via normale”, che però di normale non ha nulla!

Così con, la rivelazione dell’anno, Chiara , il mio omonimo Lorenzo, e l’uomo delle grandi occasioni, Ferra, arriviamo il sabato mattina a Les Houches, per prendere il trenino che da Bellevue porta al Nid d’Aigle.

Già risalendo la valle, con il bucolico trenino, la maestosità dell’ambiente si rivela ai nostri occhi… spazi immensi con pareti di ghiaccio e roccia che  fan subito capire l’ “ostilità” del luogo.  Continue reading

Pizzo Badile Camuno

PIZZO BADILE

Ogni volta che soggiornavo al Rifugio Colombé, in Val Camonica, al mattino presto, baciati dal sole, mi salutavano il  Concarena  e il Pizzo Badile Camuno che mi attirava a sé come una calamita.

Prima di chiudere per sempre le mie escursioni in alta montagna, mi dicevo, lo devo raggiungere.

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Gran Paradiso (4.061 m)

Verso luglio mi contatta un mio compagno di università, Lorenzo,  in cerca di partecipanti per raggiungere la vetta del Gran Paradiso. Fatichiamo a trovare altri soci di spedizione ma, verso la fine di agosto, praticamente una settimana prima di partire, ecco che si aggiungono Tommaso, in cerca di nuove esperienze adrenaliniche e il caro vecchio socio della montagna Matteo.
Sistemati gli ultimi aspetti organizzativi ( abbigliamento da portare, nodi da cordata etc…) scegliamo, azzardando, di andare per il 2-3 settembre; fortunatamente il meteo ci ha graziati regalandoci due giorni davvero splendidi.
E così, martedì 2 settembre, a pomeriggio quasi inoltrato partiamo alla volta del rifugio Vittorio Emanuele speranzosi di avere delle condizioni ideali l’indomani. La salita ci regala paesaggi sempre più belli tant’è che la frase più ricorrente del gruppo è “Ada che bei posti!”. Verso le 16 raggiungiamo il rifugio ben contenti di togliere gli zaini pesanti dalle spalle, ci sistemiamo in camera e iniziamo a dare un’occhiata alla cartina per non trovarci troppo impreparati durante la salita alla vetta ( dopotutto è stata la prima esperienza senza gente esperta al fianco ).
Il giorno dopo la sveglia è puntata alle 4.45, ci svegliamo al ritmo di Conga e iniziamo a prepararci.
Attraversiamo una sorta di pietraia per circa un’oretta finché finalmente non  arriviamo alla volta del ghiacciaio, calziamo i ramponi, ci leghiamo in cordata e iniziamo a muovere i primi passi su una neve molto compatta.
La temperatura non è così bassa come pensavo e il vento non si fa sentire troppo così in circa quattro ore raggiungiamo con tranquillità il colletto appena sotto la madonnina, di gente ce n’era davvero tanta e quindi per arrivare veramente in vetta impieghiamo circa un’altra ora, dato che bisogna attraversare un “sentiero” molto stretto ed esposto, per consentire alle altre cordate di scendere.
L’emozione una volta in vetta è davvero tanta, strette di mano e foto ricordo sono doverose; il paesaggio è proprio stupendo, non una nuvola all’orizzonte, tanto da permetterci di vedere tutte le principali vette valdostane.
Una volta ritornati con i piedi sul ghiacciaio ci rendiamo davvero conto di quel che abbiamo fatto ovvero esser riusciti, alle prime esperienze, a raggiungere una vetta di tutto rispetto!

Raggiunto nuovamente il Vittorio Emanuele brindiamo al successo con l’immancabile radler, più di una…

Lorenzo

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Navigare a vista.

Metti una domenica di sole, una delle rare di quest’inverno.
Metti che ha nevicato tutta notte.
Metti che esci di casa ed è nuvoloso, e pensavi che era meglio starsene a letto.
Metti che poco alla volta il cielo si apre.
Metti che le nuvole cupe lasciano spazio ad un sole brillante.
Metti le montagne innevate tutto intorno.

Metti che trovi un pendio vergine non ancora tracciato.
Metti che disegni le tue linee.
Metti la sensazione sotto ai piedi, ad ogni inversione di curva.
Metti la libertà che provi..
anche quando devi battere la traccia..

Metti che ti sembra un po’ di navigare a vista,
e le punte degli sci sono la prua della tua nave.

Metti una compagnia fidata di amici.
Metti che sei al Pora.
Metti che forse è un po’ poco a questo punto della stagione.

Ma ciò che conta è dove sei nella tua testa,
quando decidi che linea tracciare.

Ambienti

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Zucco di Pesciola, Via Bramani (IV+,V)

L’ultimo sabato di agosto lo spendiamo sullo Zucco di Pesciola. Praticamente con questa via chiudiamo la stagione in montagna, anche se lì per lì, ancora non lo sappiamo e nutriamo speranze per qualche soddisfazione dolomitica. Sono state poche quest’anno. 
Vogliamo essere comodi e non sbatterci troppo, saliamo da Barzio con la funivia. Del resto sono ancora in ferie. Il nostro obiettivo di giornata è la via Bramani, una classicissima ottimamente chiodata, che consente anche al mio socio di cimentarsi da primo senza troppi patemi. C’è un po’ di ressa in funivia, la comodità si paga, economicamente e in termini di affollamento. Noto anche “un big” orobico, ma lo tengo per me.
Ho dei dubbi sulla fruibilità della salita. “Saranno tutti incrodati lì!” penso.  
Invece con grande sorpresa all’attacco non c’è nessuno.
Questa via se fosse più lunga e meno chiodata non avrebbe nulla da invidiare ad altre più blasonate. Elegante, logica, diretta. Del resto Vittorio Bramani, per inciso quello che ha inventato le suole VIBRAM, era un alpinista coi fiocchi. Il tiro più bello è l’evidentissimo diedro della quarta lunghezza, che si affronta prima con tecnica di camino e poi di diedro, appunto. Spetta a me affrontarlo e faccio un po’ di fatica, specie gli ultimi metri in uscita.
Come spesso mi accade sulle classiche provo a immaginarmi i primi salitori, lo stile, i materiali usati. Mi immagino la corda di canapa, i vestiti pesanti, i pantaloni alla zuava.
Ora la via è addomesticata da una chiodatura semi-ascellare a fittoni, ma pensare il Bramani che passava su da lì con tecniche dell’epoca..si insomma fa un bell’effetto.
Elia sale in bello stile, anche se non vuole ammetterlo. Poi mi supera e prosegue…sul tiro di uscita affronto io un passo di quinto, ma sono pigro e perfettamente in linea con l’andamento della stagione, staffo e lo supero. Senza tante menate.
Chissà se Bramani avrebbe approvato.
Nando.  
p.s. il “big” lo ritroviamo al rifugio Lecco, al nostro tavolo. Avremmo una gran voglia di chiedegli dove è stato, ma in puro stile orobico “an ga da mia la sodisfaziù” e non gli rompiamo le scatole. Lo scopriamo giorni dopo però. Se volete sapere chi è e dove è andato, cliccate qui:
Zuccone dei Campelli, via Comici
La via
Elia da un’occhiata ai gradi e mi frega il primo tiro. 

All’aria sul terzo…

In elegante spaccata nel diedro..

Dentro nel ragionamento, su come risolvere il tiro. 

In vetta, soddisfatti

TORRE EXNER – FERRATA TRIDENTINA

Ecco la relazione di Elia, sulla ferrata tridentina, la classica Gita Sociale dolomitica del Gap, che chiude la stagione estiva. Per scelte di redazione non abbiamo potuta inserirla nel numero del nodo..
La riporto qui di seguito. 
Buona Lettura

“La ferrata Tridentina è una
ferrata dolomitica che si trova nel gruppo del Sella, una delle più popolari
nelle Dolomiti. E’ una ferrata ben attrezzata, che si contraddistingue per la
bellezza della roccia (anche se un po’ levigata per le numerose ripetizioni)
con la cascata del Pisciadu che scroscia accanto al suo percorso; nell’ultimo
tratto si percorre infine il ponte sospeso sopra una profonda spaccatura
rocciosa, passaggio molto aereo.
La partenza è di primo
mattino, all’attacco si nota già la serpentina che risale il percorso;
disposti dai capi gita in modo da formare un gruppo omogeneo si parte. La
salita è interessante e dinamica, volendo si può proseguire solamente
utilizzando i numerosi appigli forniti dalla roccia. Nonostante il gran numero
di persone che ci precedono si sale abbastanza regolarmente.
Alcuni passaggi esposti
ricordano di prestare ben attenzione nell’ utilizzare correttamente i
moschettoni nelle apposite guide. Vi sono anche punti di salita verticale in
cui si dovrebbe arrampicare, se non fossero installate scale a pioli. L’
ambiente è suggestivo.
Infine il famoso ponte
sospeso, dal quale non è consigliabile esporsi per chi soffre di vertigini,
indica la fine della via; dopo le foto di rito si raggiunge il rifugio
Pisciadù. Le nuvole basse impediscono di vedere le vette sopra le nostre teste,
ma si è comunque consci di essere piccoli, al confronto di questi massicci
imponenti”.


(fonte Forum Trieste)

Rogno, Via le mà dal Kul (5c)

Questa via è sempre stata divertente ma non banale, con un bel traverso estetico e suggestivo. Non troppo duro. Decido di affrontarla con Elia, in un bel sabato di settembre. Ma non tutte le ciambelle escono col buco e incappiamo nella classica giornata no. Subito in partenza sono titubante e dubito…piazzo addirittura un friend. Poi tiro azzero, vado, mi blocco indeciso come non mai. Oh, non si va su. O meglio si va su a gran fatica spinto più dall’orgoglio di averla già fatta diverse volte.

Elia mi da una mano e tira anche lui da primo…ma anche da secondo sono proprio inchiodato.

Va beh alla fine la chiudiamo. Ma lo stile…eh lo stile.

Lo stile la prossima volta.

Nando

Rogno

Spigolino e traverso suggestivo

Elia si “staglia” nel blu

Sconclusionati, a fine via.