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Via Aphrodite (V+, VI-), Parete San Paolo, Arco (TN)

Ponte del 1° Maggio, migliaia di Climbers si danno appuntamento al Melloblocco.
Poco attratti da questo importante megaraduno (a mio avviso sempre più omologato), optiamo per una scelta diversa…e riapriamo la stagione dove l’abbiamo terminata l’anno scorso.
Tornare in valle del Sarca è sempre fantastico, uno dei miei posti preferiti in assoluto per le arrampicate primaverili e autunnali. Ma mentre a Novembre le emozioni erano di grande sicurezza e relax, grazie all’allenamento di una intera stagione, a questo appuntamento mi presento  con una rispettosa soggezione. Consapevole di non essere molto allenato. La giornata è bellissima, calda ma con un piacevole venticello.
Più che nelle mie capacità, confido in quelle di Elia, che in una breve vietta a Rogno aveva dato prova di essere nettamente sul pezzo. Il team si completa con Alessandro, accompagnato dalla sua consueta tranquillità e pacatezza.
Scegliamo Aphrodite, una via che avevo adocchiata già da tempo, ritenendola abbordabile.
Errore.
Anche se ha gradi che abbiamo già affrontato su questa parete, offre una arrampicata “scorbutica”: atletica nei primi due tiri e tecnica in quelli più in alto. Difficoltà continue e sostenute per i nostri standard. La classica via con una arrampicata non impossibile, ma difficile da interpretare.
Si parte subito con un tiro bellissimo, che ci fa capire che oggi non si scherza: traverso, diedro fessura ancora traverso. Sosta. Si prosegue poi con un tiro tecnico e fastidioso, con appigli svasi, piccole tacche e appoggi per i piedi sempre in aderenza.
Il terzo tiro offre un singolo atletico con una piccola lama da tirare, poi la parte centrale della via interrompe la continuità e offre qualche tiro con roccia non buonissima, dove prestare un po’ d’attenzione.
Il tiro chiave è una placca compattissima, molto bella, molto di testa. Qui Arco mi presenta il conto e volo impietosamente da secondo. Un’ennesimo traverso ed un diedro in uscita, chiude il penultimo tiro. La via termina con ostico spigoletto da aggirare, dove questa volta a volare è Alessandro, e alcuni risalti prima del meritato riposo.
Il lavoro dei piedi, alla costante ricerca di appoggi poco evidenti, e scarse prese buone per le mani, sono gli elementi dominanti dell’intera via.
Elia con grande tenacia e determinazione si è preso l’onere e l’onore di tirarsela tutta..dimostrando una bella testa e una buona maturità alpinistica. Chapeau!
Quanto al sottoscritto ed Alessandro l’imperativo è unico.Allenarsi. :-)

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Parete S. Paolo, Fuga dall’Hades (V, VI)

La prima cosa che mi preme segnalare è il pessimo te di Elia, dolcificato per errore con il sale e la comparsa dell’apritore Grill alla base della parete. Del resto non è raro incontrare ad Arco i big.

Fuga dall’ Hades. Il nome nell’intenzione degli apritori richiama la voglia di scappare dal mondo materiale per un mondo più spirituale e più libero. Forse in questo periodo di impegni lavorativi di fine anno e l’imminente stress natalizio, ne sentiamo anche noi un gran bisogno e scegliamo questa via.

Partiamo di buon ora, concedendoci solo mezz’ora di sonno in più rispetto alla giornate di maggior caldo e luce. La valle del Sarca ci accoglie con circa 5 gradi di temperatura, lasciandoci un pò perplessi…farà troppo freddo?
Il primo tiro in effetti ci gela i polpastrelli delle dita e non aiuta certo il superamento dello strapiombo iniziale (VI)…poi il sole illumina la parete e la roccia diventa calda e docile…la nostra arrampicata sicura e leggera.
Affrontiamo una bella sequenza di placche a buchi, spigoletti e diedri accennati.. traversi e passaggi un po’ umidi, sempre su roccia pressochè perfetta. I gradi non sono mai banali, ma la chiodatura è ottima. Una via in cui bisogna arrampicare concentrati, ma che offre divertimento e fluidità. In effetti si vede che siamo a fine stagione, precisi, attenti e con il giusto grado di “pompa” nelle braccia. Ci “teniamo”. Ci divertiamo.
Unico neo, un paio di cordate prima di noi che ci rallentano soprattutto nei tiri chiave, partenza e strapiombo dopo il secondo traverso (VI-). La giornata è piacevole, non abbiamo fretta e scambiamo pure qualche chiacchiera. Pur capendo che lo stile e la filosofia con la quale affrontiamo via e difficoltà è diametralmente opposta. Non siamo interessati a discutere di gradi, ci interessa il gusto di muoverci in verticale. Senza aggiungere altro.
Se resterà l’ultima via di stagione, mi porterò questa sensazione di piacere e divertimento fino alla prossima primavera.
Nando

Poker a Lantana

Come in una partita di poker poteva essere un grande Bluff, o si poteva rimanere in mutande.
Partiamo domenica pomeriggio sfruttando quel poco di sole rimasto, dopo il sabato di piogge intense, sperando di trovare la parete asciutta. Quasi utopia. In realtà il piano B l’avevamo, buttarsi sulla plastica della palestra di Castione. Struttura bellissima per carità, però..tristezza.
Il sentiero per la falesia è fango puro e a terra ci sono pure i resti della grandine della sera prima. Intorno montagne imbiancate e boschi nei colori caldi tardo autunnali.
La parete è bagnata, ma qualche linea asciutta o cmq scalabile la troviamo. In un silenzio surreale , davvero raro per lantana, scaliamo completamente soli, assaporando forse gli ultimi movimenti su roccia della stagione. Anche se qualche altra puntata d’azzardo, avremmo voglia di farla.
Rimediamo un bel poker di vie.
Non male, considerato le poche ore di luce a disposizione.

Antimedale – Via degli Istruttori (V+, VI)

E’ domenica, il tempo regge, ci si svegli alle sei, si va ad arrampicare.
La via concordata al sabato è lo spigolo Boga, in Grigna, essendo alla fine di ottobre questa dovrebbe essere una delle ultime occasioni per andare in montagna e divertirsi con lo stile “alpinistico”. Al mattino  il grigiore e le nuvole basse ci scoraggiano, dopo un caffè ad un tristissimo bar di Lecco si decide di optare per l’ Antimedale, Via degli Istruttori. Via già ripetuta, avvicinamento comodo, 6 tiri, passaggi di VI grado.
Prima di tutto questo il nostro amico Alessandro, complice il cambio d’orario, rimane a letto e lascia così in cordata solo Nando ed io. A tal proposito tengo a ricordare come in questa stagione sia la prima volta che mi capita di essere in cordata solamente in due: segno di come il gruppo stia crescendo e la passione per le vie d’arrampicata diventi contagiosa.
Durante l’avvicinamento incrociamo sul sentiero proprio quell’Ivo Ferrari che sarà l’ospite della serata con l’Alpinista organizzata dal GAP.
La via.
I primi tre tiri sono scorrevoli e divertenti, le difficoltà moderate, procedere in alternato rende la salita fluida. La partenza all’alba ci permette di osservare altre cordate che approcciano la parete; ok la levataccia, ma essere i primi all’attacco ha sempre fascino e porta comodità.
Dal quarto tiro non si scherza più: tettino e placca tecnica. Poi il tiro chiave, un bellissimo diedro di 50 metri, tanto tecnico quanto fisico: veramente di soddisfazione passare in libera usando la così detta “Tecnica da Diedro”. Ovviamente qui Nando conduce.
L’ultimo tiro propone un traverso delicato con piccoli appigli e la necessità di stare sempre concentrati per non complicarsi la vita.
All’uscita i complimenti sono d’obbligo, la via è stata chiusa in libera.
 Per una domenica ci concediamo il centro di Lecco per uno spuntino veloce; nel cercare il  panificio sembriamo veramente a disagio. Forse era meglio cercare l’attacco dello spigolo Boga. Continue reading

Via Gandin (V+/IV+, A0), Via Lecco (IV, IV+) Magnaghi Centrale, Settentrionale – Grigna

L’autunno ormai è un dato di fatto,le foglie si colorano,l’aria inizia ad essere sempre più frizzantina, e ci si sveglia con lo stesso buio con il quale ci siamo coricati,questa è la cornice con la quale domenica 19 ottobre ci avviciniamo al compimento di queste due vie.
Ritrovo ore 6.30 procurato dal caro Elia che non sta più nella pelle all’idea di tastare della roccia,così dopo la solita allegria che contraddistingue i nostri avvicinamenti in macchina ;si perché quelli veri parlano della via noi invece….. ok,beh diciamo che i nostri discorsi sono meno tecnici…; e dopo qualche problema motoristico della seppure teutonica Opel di Alessandro,i quali provocano alcuni segni di irrequietezza negli altri automobilisti(tornanti in prima a 20 km/h),siamo ai Piani Resinelli.
Dopo una bella camminata di avvicinamento,che ci fà sudare,siamo all’attacco della via dove ci prepariamo e formiamo le cordate,l’esperto e nostro mentore Nando con Alessandro,e alla seconda prova come cordata autonoma io ed Elia.
La prima via è la Gandin che si compone di cinque tiri di corda,e poi dopo una breve discesa verso l’attacco faremo la via Lecco di tre tiri che ci porterà verso la cima del torrione Magnaghi centrale.
L’arrampicata procede bene sui due primi tiri, ci dà pero’ qualche difficoltà sul tiro chiave di v° grado+,dove sia io che il primo di cordata Elia, constatiamo una buona difficoltà a superare il tettino a strapiombo in uscita,ma con l’ausilio di qualche parola irripetibile e soprattutto della possibilità di azzerare un passaggio tirando un chiodo,arriviamo alla sosta successiva stanchi e un po’ irrequieti.
Qui ho modo di  constatare quanto l’arrampicata e l’alpinismo si compongano di una componente, oltre che fisica,mentale la quale permette di superare difficoltà e portare a termine grandi o piccole sfide.
Finiamo gli ultimi due tiri e scendiamo verso la via Lecco,ormai pero’ la paura serpeggia in noi,il tiro sopra le nostre aspettative ha rotto un po’ i nostri equilibri mentali e dopo qualche esitazione e grazie all’esperto e previdente Nando,che ci fa da traino,facciamo gli ultimi tre tiri della via Lecco e arriviamo finalmente sulla cima del torrione centrale.Qui la gioia è molta!!finalmente rilassiamo i nervi e la tensione si dissipa in risate,strette di mano e foto di rito.

Via Amazzonia (IV+, V+) – Piccolo Dain, Parete del Limarò

Questo periodo dell’anno è perfetto per godersi l’arrampicata ad Arco.
Giornate serene, quella tipica atmosfera rilassata e profumata di uva di inizio autunno. Il sole caldo e l’aria fresca. Le vie in montagna che incominciano ad essere al limite della praticabilità, la voglia di scalare senza soffrire troppo gli avvicinamenti. Un mix di ingredienti che rendono irresistibile la valle del Sarca.
Optiamo per questa via che avevo adocchiato a luglio. La giornata è mite, partiamo prestissimo e alle 8.30 siamo all’attacco.
Siamo in tre e l’accordo è che io ed Elia ci saremmo suddivisi i tiri, 5 a testa, da capicordata. Alessandro ci avrebbe seguito con la consueta tranquillità che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare.
Elia ci prende gusto e praticamente tira tutta la via, riservandomi solo il tiro più duro (5c).Da vero gentleman, lo lascia a me, rispettando gli accordi presi alla base.
In realtà ne facevo anche a meno, dato che la sera prima ho tirato tardi e ho dormito poche ore.
Comunqe, la roccia è buona e la via divertente. Solo in uscita bisogna prestare attenzione a non smuovere sassi, se sotto ci sono altre cordate. Ottimamente chiodata a spit, questa via è consigliabile a tutti. Dalle cordate alle prime esperienze, data la chiodatura ascellare, agli esperti in cerca di relax e divertimento.
Come di consueto terminiamo la giornata con un giro ad arco…dove mi rimane attaccato alle dita..un casco nuovo di zecca, dopo aver strisciato il bancomat..naturalmente.
La stagione sta volgendo al termine, ma speriamo di toglierci altre soddisfazioni.
Nando

Presolana, Via Longo (IV, V).

Nell’ultimo week-end d’estate riusciamo ad onorare la Presolana, salendo il mitico Spigolo Sud.
Quasi come un pellegrinaggio ogni anno ci sentiamo in dovere di ripercorrerlo, il bello è che non stanca mai e si trovano sempre situazioni diverse che lo rendono interessante.
A questo giro siamo addirittura in 6, contribuendo a mantenere la fama di itinerario iperfrequentato. Oltre ai sempre più motivati Elia ed Alessandro, riesco a convincere il mitico Aldo, che porta in dote anche “Robimàt” e “Leù”, al secolo Roberto e Silvano, quest’ultimo di soli 15 anni.
Due cordate, due stili diversi. Ce ne accorgiamo subito quando noi scendiamo dall’auto con 3 zaini pronti e ci godiamo “il cinema” dei nostri soci che smontano e rimontano gli zaini un paio di volte discutendo sul materiale da portare e i pesi da suddividere. Non abbiamo capito se stavano ancora dormendo o erano le birre della sera prima!
Come sempre la compagnia dell’Aldo è sinonimo di risate e divertimento, tra una imitazione dei Favresse, considerazioni sulle “bele steline” che arrampicano e innumerevoli “mitico!, roccia!, a set ù leù”…ben presto si arriva all’attacco.
Ad aspettarci troviamo il corso Roccia del CAI, ma gli istruttori molto gentilmente ci lasciano strada.Parto per primo io, con Alessandro ed Elia, a seguire gli altri tre. Da tempo non mi capitava di arrampicare in Presolana con una bella giornata di sole, la roccia è calda. I movimenti sono precisi e fluidi, i miei due compagni seguono veloci. Procediamo bene, sono tranquillo mi godo la scalata sullo spigolo, come non accadeva da tempo.

La seconda cordata ci segue a breve, riusciamo anche a far due chiacchiere e scherzare. Sul traverso evito l’orrendo spit messo per banalizzare il passaggio, in nome di una sicurezza maggiore, tutta da dimostrare. Le classiche, come certi dipinti d’autore possono essere certamente restaurate, ma non stravolte. Chi è abituato alle classiche e si muove sulle difficoltà che sa gestire, non ha certo bisogno di uno spit a un metro da un altro chiodo ben messo, per sentirsi sicuro.

Ben presto siamo fuori dal tratto tecnicamente più difficile e dobbiamo affrontare quello con difficoltà più contenute, ma più infido per la qualità della roccia e l’orientamento che richiede un pò di esperienza e intuizione.

Qui il meccanismo si inceppa e Aldo e soci ci avvisano che hanno problemi di grovigli con le corde.
Sorrido, chissà che cosa hanno combinato. Aspettiamo un po’. I minuti di attesa sembrano lunghissimi e divento impaziente. Chiedo come va, la situazione non sembra migliorare. La strada da fare è ancora molta, il tempo sta cambiando, il tempo passa. Alla fine decidono di calarsi e ci danno il via libera per proseguire senza di loro.

L’appuntamento è ai Cassinelli, recuperiamo concentrazione e partiamo per la seconda parte del viaggio. Dopo un paio di tiri, ritrovo memoria e riferimenti visivi e ben presto attacchiamo le creste finali dello spigolo, con un mare di nubi attorno a noi che lasciano ampi squarci di panorami, sembra quasi di volare. Ancora un po’ di rocce e canali erbosi, e la Presolana d’un tratto finisce…non ce n’è più siamo in cresta, di lì a poco la vetta. La felicità è sempre grande, aumentata dalla soddisfazione che leggo negli occhi dei miei giovani soci.

Peccato che gli altri abbiano avuto problemi.

Scendiamo dal canale Bendotti, dove veniamo colti da una pioggia intensa poco oltre le difficoltà. Decidiamo di seguire il sentiero che costeggia le pareti, data la scarsa visibilità. Sono un po’ in apprensione perchè temo che gli altri, ai Cassinelli, siano preoccupati per noi dato il peggioramento del meteo.

Passando sotto la sud, vediamo i ragazzi del corso che si stanno calando, chiedo dei nostri soci e con grande sorpresa ci dicono che sono ancora in parete, stanno per effettuare l’ultima doppia. Hanno trovato traffico e sono rimasti appesi tre ore buone.

Li aspettiamo, chiacchierando con i corsisti.
Alla fine arrivano anche loro…ancora qualche battuta poi filiamo giù, verso la meritata birra.

La Presolana sa regalare sempre momenti intensi, o forse sono i compagni di scalata che la rendono di volta in volta un po’ speciale.

Spigolo tra gli abeti, i magnifici 6, il pilastro da sotto

 

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Zucco di Pesciola – Via Gasparotto (IV, IV+)

L’ ambiente è quello dei Piani di Bobbio, del rifugio Lecco preso d’assalto per il pranzo domenicale; lo Zucco di Pesciola e lo Zuccone Campelli presentano vie di arrampicata classica. La scelta ricade sulla Via Gasparotto, sette lunghezze: IV°, IV°+.

Un buon punto di partenza per approcciare lo stile classico d’arrampicata: il raggiungimento della vetta, la tecnica da camino, il calcare, le nebbie, la roccia fredda, l’atmosfera, le preoccupazioni, la soddisfazione finale.
Si formano due cordate: Nando ed Alessandro precedono me ed Enrico, che affrontiamo la nostra prima via come cordata autonoma. Procediamo in alternato. La presenza di Nando fornisce la tranquillità e le giuste vibrazioni per salire con serenità; la recente chiodatura fa il resto, rendendo di facile intuizione il percorso, sempre in sicurezza. I primi tre tiri servono per raggiungere una cengia dalla quale parte l’ascesa alla vetta. Il camino alla quarta lunghezza è divertente e fornisce la giusta adrenalina, lo spigolo finale è esposto, molto estetico e dà soddisfazione. L’ arrampicata è sempre sostenuta, mai banale, continua, piacevole e divertente.

Il fatto di essere per la prima volta in cordata con Enrico, col quale si è iniziato ad arrampicare in palestra ed a preparare il salto per pareti importanti dà soddisfazione, è un punto di partenza. E’ la presa di coscienza, la consapevolezza di poter iniziare a muoversi in ambienti grandiosi in autonomia; ho vissuto questa giornata un po’ come il giorno in cui prendi la patente dell’automobile. La strada da fare è molta, l’esperienza da accumulare infinta, le giornate da vivere, le emozioni e le paure sono lì che aspettano.

Torrione Palma, Via Cassin (V, V+)

Da un po’ di tempo mi gironzolava in testa questa via, ma le condizioni meteo non erano mai giuste o non trovavo il compagno. Quando finalmente Monsier Marcò, molla la corsa per una giornata di roccia, ci dirigiamo piuttosto determinati in Grignetta e di lì alla base della parete in compagnia di un altra cordata, trovata per caso.
Beffa delle beffe, l’unica parete zuppa sul versante meridionale è proprio il Torrione Palma, dove corre la via.
Mestamente andiamo a berci un caffè al Rosalba meditando sul da farsi, ed optiamo per lo spigolo mari e monti alla Torre Cecilia. L’altra cordata si ingaggia sulla ben più dura Unicef al Torrione del Cinquantenario.
Superiamo i 4 tiri scarsi della via con scioltezza…è ancora presto e non ci sentiamo soddisfatti.
Da veri testoni orobici ritorniamo alla base del Palma, dove le condizioni sono identiche alla mattina, ma a noi magicamente sembra “più asciutta”.
Asciutta non è, soprattutto la placca del secondo tiro. Fosse per me avrei già buttato le doppie, ma il Marco si ricorda di essere un rocciatore di gran classe, anziché maratoneta e si ingaggia con coraggio. Passa azzerando, ma passa.
Dopo il terzo tiro ancora bagnato e delicato, la via poi è finalmente asciutta ed iniziamo a goderci l’arrampicata esposta ed aerea, su roccia da interpretare. Una via in stile Cassin, appunto. Provo una certa emozione a toccare e fotografare dei chiodi che per forma, dimensioni e assenza di marchi hanno tutta l’aria di essere quelli piantati dal Riccardone nel 1931, all’apertura della via. O cmq a me piace pensare che sia così.
Il fascino delle classiche è anche questo…capire lo stile e le intuizioni dei primi salitori e ripercorrerne la storia.
Usciamo sul torrione verso le cinque, un po’ nelle nebbie, ma il tempo regge. Una giornata a zonzo sulle crode (21/08/2014). Siamo soddisfatti.
Come al solito avevo documentato ampiamente la salita alla via Cassin.
Però giunti in vetta, la mia macchina fotografica ha deciso con un balzo di riprendersi la libertà e si è lanciata nel vuoto, finendo in un canalone difficilmente raggiungibile.
Quello che è rimasto, sono due foto nel cellulare e la soddisfazione di aver condiviso una giornata di arrampicata con un amico.
Nando

Via Zucchi (IV, IV+), Pilone centrale grigna

In auto, mentre saliamo ai Resinelli, Alessandro mi domanda cosa intendo per via alpinistica.
Spiego un pò…una salita in cui l’impegno complessivo è dato da molti fattori, non solo la difficoltà pura. Occorre valutare meteo, orientamento, le difficoltà per trovare l’attacco, il tempo di salita, i pericoli oggettivi, l’ambiente circostante. Tutti elementi capace di condizionare testa e la motivazione della cordata.
In quel momento ricordo come mai questo versante della Grigna mi ha sempre intimorito. Labirintico e tortuoso il sentiero, pieno di guglie identiche, non facile orientarsi se non lo si conosce bene.
Ma soprattutto il luogo dove nel lontano 1999, nella mia prima esperienza “di via alpinistica” e in compagnia di un amico solo a parole più esperto, finimmo fuori via. Scalammo un camino bagnato  e sprotetto orrendo, battemmo in ritirata calandoci su una microclessidra. Impregnai i vestiti di una buona dose di paura, come ama dire Elia, e ce ne tornammo “scornati” sul sentiero Cecilia. Con grande sollievo per essere atterrati di nuovo coi piedi per terra.

Forse è anche per questo, che ho sempre schivato questa zona e non avevo mai molta voglia di ingaggiarmi su questo versante. Nonostante io ed Elia avessimo la via Zucchi, nel mirino già da qualche tempo. Però prima poi andava fatta e nell’unico giorno di meteo soddisfacente  ci presentiamo all’attacco, in tre. L’inedita cordata è composta dal sottoscritto, Elia ed Alessandro, che sfoggia un paio di occhiali glamour, più in linea con un aperitivo sulla spiaggia.
Stile Alpino per la via, stile Glamour per il look. Non ci manca niente.

Dopo il primo tiro affrontato con un po’ di indecisione, troviamo il giusto ritmo e al giusta linea. Bella via, un po’ discontinua arrivando dalle Dolomiti. Ma complessivamente divertente.
Dove serve i chiodi ci sono, ma io ho trovato utile integrare e proteggermi con qualche friend.
L’uscita coincide con l’ultimo tratto della segantini, che ci impegna per una mezz’oretta abbondante. Attacchiamo alle 9.15, usciamo in vetta alle 12.45. Per essere in tre non male.
La soddisfazione mia e dei miei soci e qualche signorina in bikini a prendere il sole in vetta, sono il premio di giornata.
Nando